Mathare è uno degli slum più estesi e pericolosi dell’Africa dell’Est. Un luogo in cui non si nasce con una scelta, ma con una condanna. Eppure, in mezzo a baracche, fogne a cielo aperto e sguardi segnati dalla lotta quotidiana, abbiamo incontrato chi sceglie ogni giorno di resistere. Di creare opportunità. Di seminare speranza.
Abbiamo avuto la possibilità di entrare in questo mondo grazie a Slumrise Kenya, un’associazione kenyota che lavora sul campo per portare alternative concrete in una realtà che spesso sembra senza via d’uscita.
Educazione, sport e un pasto al giorno
La nostra visita è iniziata dalla Why Not Academy, una scuola riaperta da poco che offre istruzione e un pasto al giorno ai bambini. Qui, la scuola non è solo un diritto: è un’àncora di salvezza. C’è anche una scuola di danza e un campo da basket, dove i ragazzi possono trovare espressione, energia e senso di appartenenza.
Abbiamo camminato per le strade della baraccopoli accompagnati dai ragazzi di Slumrise. Non ci siamo mai sentiti in pericolo, ma è chiaro che da soli non sarebbe stato lo stesso. Mathare rimane un luogo fragile, dove la povertà estrema convive con la violenza e l’abbandono.
Un parco nella discarica, e la luce che manca
Uno dei momenti più toccanti è stata la visita al piccolo parco creato nel cuore dello slum, in mezzo a una discarica. Uno spazio verde, simbolico e reale, di respiro e purezza. Ma di notte, senza illuminazione, si trasforma in un luogo pericoloso, teatro di stupri e atti criminali. Per questo, ci siamo impegnati a finanziare l’acquisto di tre lampioni a energia solare, perché la luce può davvero fare la differenza.
Un orto per chi è caduto
Abbiamo visitato anche un piccolo orto, dove si coltivano verdure che ogni settimana vengono donate a persone con dipendenze da droga. È facile giudicare: “Perché aiutare chi si droga e non le famiglie?”. Ma basta fermarsi un attimo per comprendere quanto la fame possa essere un acceleratore della disperazione. E che dietro ogni storia di dipendenza, c’è quasi sempre un dolore più grande.
Abbiamo visitato il laboratorio di informatica, uno spazio attualmente vuoto, senza computer, ma pensato per offrire ai ragazzi l’opportunità di avvicinarsi al mondo digitale. Accanto, una piccola biblioteca dove possono prendere libri in prestito: un gesto semplice che apre porte su altri mondi.
Ci piacerebbe prenderci carico di attrezzare il laboratorio con laptop e materiale informatico. Al nostro rientro, ne parleremo con le aziende che ci supportano, per avviare concretamente questo progetto. Crediamo che l’accesso alla tecnologia sia un diritto, e che anche da un’aula vuota possa nascere un futuro pieno di possibilità.
Uno schiaffo in pieno volto
Questa visita è stata uno schiaffo. Un pugno nello stomaco.
Fino ad oggi abbiamo lavorato in contesti kenyoti complicati, in villaggi remoti, scuole isolate, comunità in difficoltà. Ma Mathare è stato qualcosa di diverso. Un impatto nuovo, più crudo, più diretto. Abbiamo visto solo un frammento di questo mondo, eppure è bastato per farci sentire quanto sia urgente esserci. E quanto vogliamo esserci.
Anche per questo abbiamo scelto di supportare Slumrise in altri due progetti: l’installazione di pannelli fotovoltaici per alimentare tutta la scuola e la realizzazione di una piccola diga per contenere le esondazioni del fiume di fronte, che raccoglie il 90% delle fogne di Nairobi e che, durante le alluvioni dell’anno scorso, ha causato danni gravissimi.
La responsabilità di ognuno di noi
Mathare ci ha ricordato una verità che spesso diciamo, ma che vissuta sulla pelle cambia tutto:
il posto in cui nasci è solo questione di fortuna.
Ed è proprio per questo che ognuno di noi ha una responsabilità. Non possiamo continuare a ripeterci “non posso salvare tutto il pianeta” per sentirci a posto. È vero, nessuno può. Ma ognuno può fare qualcosa. Anche minuscolo.
Guardarsi intorno. Ascoltare. Agire.
Capire dove possiamo fare la differenza. Regalare un pezzetto di speranza in più.
A loro. E, senza accorgercene, anche a noi stessi.